Il concetto di “JU” (stage giugno 2015)

Generalmente Ju e’ conosciuto come fondamento del judo e del jujitsu. Nell’aikido non se ne parla, difatti subito c’e’ stata meraviglia, ma al termine dello stage i partecipanti si sono resi conto della sua importanza nella pratica applicandosi nei vari esercizi proposti sia a corpo libero che con il bokken ed il tanto. Circa questi aspetti tecnici Andrea fara’ un esauriente riassunto di quanto e’ stato proposto. Da parte mia, con queste note vorrei fare una panoramica storica un po’ piu’ approfondita delle correlazioni tra i due rispetto quanto detto all’inizio dello stage. Il nostro dojo nasce dall’incontro con i maestri Tadashi Abe e Kenshiro Abbe; se i contatti con T.Abe sono stati saltuari, quelli con K.Abbe sono stati lunghi ed intensi, pertanto il mio pensiero di Aikido riflette le concezioni di ambedue i maestri. Judo ed aikido sono stretti parenti perche’ hanno in comune molti principi tecnici (intendo il judo delle origini e non quello agonistico olimpionico, e tralascio le diversita’ filosofiche, anche se quelle educative hanno aspetti consimili). Prima di addentrami nella spiegazione occorre chiarire il significato di JU, che come tutti i termini giapponesi puo’ significare una molteplicita’ di cose. La via piu’ semplice e’ l’osservazione del kanji, come e’ inteso nella pratica delle arti marziali. Il simbolo e’ composto da una parte superiore che rappresenta una lancia (alabarda) e una inferiore che indica un albero. Le varie traduzioni che si trovano indicano: soffice, adattabile, armonioso, gentile, flessibile, duttile, morbido ecc. ecc. ma questi significati devono essere applicati in un contesto che e’ quello delle arti marziali. Ju non significa fare delle tecniche gentili, delicate, deboli, bensi’ applicarle con pienezza di spirito ed efficienza, con il minimo dispendio di energia ed il massimo controllo e centralita’. Osservando dall’esterno una applicazione Ju, pare che tutto avvenga in modo facile, l’azione scorre fluida e non ci si rende conto di quanto lavoro e’ stato necessario per realizzarla. Tornando ai legami Judo / aikido, sappiamo che Kano e Ueshiba hanno frequentato le stesse scuole: Kito ryu e Tenshin ryu. La prima e’ pervasa dalla dottrina dello yin / yang (in-yo), famosa per le proiezioni, il concetto di ran (liberta’ di azione), per pratiche esoteriche legate allo Shingon (branca del buddismo) che lo stesso Ueshiba aveva profondamente studiato; lo stesso nome della scuola significa sorgere – yang elemento positivo(KI) e (TO) cadere – yin, elemento negativo. Questi due elementi regolano le possibilita’ di attuare tecniche secondo il principio JU NO RI ovvero principio della flessibilita’. Una frase sintetizza l’ideale della scuola: JU YOKU GO O SEI SURU cioe’ “la morbidezza controlla la forza”. Questa idea giunse alla scuola tramite il pensiero taoista, andate a leggere gli aforismi di Lao Tsu e troverete innumerevoli esempi sull’importanza della cedevolezza. La flessibilita’ vista e’ riferita all’aspetto tecnico su come in pratica si puo’ realizzare, ma c’e’ un aspetto (ura), nascosto, non visibile, che deve essere evidenziato: quello mentale. Se il corpo deve essere morbido, ancor di piu’ la mente, perche’ dalla sua flessibilita’ ad adeguarsi alle situazioni impreviste dipende il comando impartito ai muscoli per fronteggiare con un appropriato movimento la realta’ che si presenta. Questo era uno dei cardini del Kito Ryu: fare il corpo obbediente alla mente. Non e’ questo anche uno dei fondamenti dell’aikido? L’altra scuola che adotto’ il principio Ju e’ la Tenshin Shino’yo Ryu specializzata negli atemi nei punti scoperti dell’armatura, nelle forme di immobilizzazione e negli strangolamenti, con tecniche in suwari e tachi. Ha una storia molto complicata che si perde nella leggenda. Pare sia nata dagli studi del medico Akiyama, studente del monaco cinese Genpin che aveva portato in Giappone la lotta kenpo, che si diffuse nell’area di Nakasaki ove esistevano numerose scuole autoctone; quella di Akiyama e’ vicina a noi perche’ tra i suoi principi evidenzia la necessita’ di sviluppare il ki ed il ju, nato dall’osservazione dei rami del salice che scaricavano con elasticita’ il peso della neve dai rami, mentre alberi rigidi erano spezzati dallo stesso peso (Yoshin ryu, spirito del salice), che a sua volta origino’ la Tenshin Ryu ed ebbe stretti rapporti con l’aikijustsu della famiglia Takeda. Il principio JU YOKU GO O SEI SURU (la morbidezza controlla la forza) venne applicato con un’altra massima: se l’avversario viene accoglilo, quando va mandalo per la sua strada. Questi principi non li ritroviamo nel nell’aikido e nei kokyunage? Un kata della scuola: itutsu (dei 5 principi) trasmesso da Kano e ritenuto kuden, e’ identico ai movimenti dell’aikido (mi sembra di averlo fatto vedere, ma ne riparleremo). Il principio Ju era in praticamente applicato secondo una formula, anch’essa giunta in Giappone attraverso leggendarie avventure che dice semplicemente: go-go-ju, ni- hachi-ju: 5+5=10-2+8=10, lascio a voi il compito di decifrare il koan, ma e’ presente in tutte le tecniche dell’aikido. Ho accennato alla Kito Ryu ed alle scuole sviluppatesi attorno a Nakasaki attorno al 1600, in quell’area era profondamente studiato il pensiero della dottrina Neoconfuciana di Chu Shi che forni’ ai guerrieri di AIZU le basi dei principi YIN e YANG (in-yo) di cui e’ permeato l’aikido a seguito anche degli studi di OSensei con il Daito ryu di Takeda. Una riflessione che forse non avete mai fatto e’ che quando ci fu alla fine del 1800 la grande sfida tra il nuovo judo e le altre scuole di jujitsu, per vedere quale fosse la piu’ efficace: la parita’ tra i combattenti venne risolta con l’intervento di Shiro Saigo, antenato di Sokaku Takeda che avrebbe ereditato la trasmissione del Daito ryu, se per scrupoli di coscienza, dovendo decidere in quale delle due scuole proseguire gli studi, per non offendere i rispettivi mestri, si ritiro’ in un monastero divenendo un maestro di Kyudo (Tiro con l’arco). Ultima riflessione mi viene alla mente: e’ quella derivante dalla visita di Kano a Ueshiba nel 1930. Dopo l’incontro, il fondatore dell’Aikido accetta di dare lezioni di aikijutsu ai migliori allievi di Kano, tutti futuri decimi dan, e fortissimi judoka (Mochizuki-Nagaoka- Tomiki ecc). Mi chiedo, possibile che tra questi e gli allievi di Ueshiba non ci fu scambio di lavoro tecnico? Possibile che Ueshiba, che era una spugna quando osservava altre discipline, non abbia tratto da questa esperienza ulteriori spunti per definire il suo aikido? L’Aikikai naturalmente nega questa possibilita’, ma lo sappiamo i giapponesi sono un po’ restii nel riconoscere i debiti culturali con altre civilta’ o con altre culture. Mi sembra di avervi dato punti di riflessione e di averne evidenziato la stretta parentela, come affermava Kenshiro Abbe, fatti salvi i diversi ideali etici. In conseguenza non mi sembra di sminuire l’aikido se nel suo bagaglio tecnico immetto tecniche rubate al Judo di Kano. Buono studio…

P.D.Anzalone Sensei

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