L’Aikido come arte interna (relazione con lo Yoga)

L’Aikido e’ un’arte marziale, ma si differenzia da molte altre simili discipline per gli aspetti che propugna. Molte arti marziali concentrano maggiormente i loro studi sullo sviluppo fisico, arrivando addirittura ad indurire parti del corpo per meglio parare i colpi o apportare maggiori danni all’avversario. In queste discipline, quindi, si prevede uno scontro di forze antagoniste, e secondo i fondatore dell’Aikido cio’ e’ fonte di infiniti contrasti. Queste discipline vengono chiamate “esterne”. L’Aikido invece viene definito arte interna. Ma perche’ questa definizione? Se prestiamo attenzione a questi nostri “tempi moderni” possiamo notare una cosa importante,dei tre elementi che costituiscono l’Uomo, ovvero la mente, il corpo e lo spirito, si tende a dare maggiore ad uno solo dei tre. Chi pensa sia meglio esaltare la mente, chi il corpo, chi lo spirito, ma in questo modo si vengono a creare delle profonde discrepanze nell’animo umano, che portano al caos, sia interno che esterno. In questo modo perdiamo coscienza di cio’ che siamo realmente in grado di fare. A livello fisico pensiamo che una persona piu’ e’ robusta e muscolosa piu’ e’ forte; livello spirituale siamo sempre meno tolleranti verso tutto cio’ che non corrisponde la nostro modello di giusto-sbagliato,senza provare a metterci nei panni dell’altro per vedere cosa noi avremmo fatto; a livello mentale viviamo secondo modelli prestabiliti dalla societa’: magro = bello, grasso = brutto, muscoloso = forte, gracile = debole e cosi’ via. Anche nelle aggressioni rispondiamo a schemi prestabiliti: il gruppo e’ piu’ forte del singolo; un uomo armato e’ piu’ pericoloso di uno disarmato; le donne sono facili prede perche’ non reagiscono. Parlando con gli amici diciamo sempre :”io saprei cosa fare in quel caso” ma quando questo accade il nostro cervello si rifiuta di voler ammettere la situazione di pericolo e si spegne, lasciandoci in balia degli eventi. Pensiamo:”non puo’ succedere a me, non e’ possibile” e restiamo inermi, quando dovremmo contrariamente dire:”e’ fatta! Sta succedendo davvero a me!, posso dimostrare quello che sono e so!” E’ qui che l’Aikido mostra tutto il suo essere: arte marziale perchè con gli allenamenti ci mette in condizione di affrontare situazioni pressanti o di pericolo. Questo perchè gli allenamenti all’interno del dojo devono essere svolti con il giusto atteggiamento mentale: ogni attacco è una reale situazione di pericolo. Soprattutto con gli esercizi di kakari geiko, si impara a gestire situazioni stressanti, e non solo impariamo a difenderci, ma grazie alle molteplici forme/tecniche da cui l’aikido è caratterizzato, si ha la possibilità di spezzare gli schemi mentali che abbiamo acquisito. L’aikido insegna che non esiste una sola risposta ad un attacco, ma una infinita gamma di tecniche, tutte adatte alla situazione. Portando questo atteggiamento mentale nella vita quotidiana, possiamo capire come non esista una sola soluzione per ogni problema, ma basta saper guardare in più direzioni e scopriamo che esistono più alternative. Anche nelle relazioni con le persone intorno a noi, estranei o conoscenti, le cose non cambiano: nel dojo impariamo cosa può realmente minacciare la nostra vita e cosa no, quindi impariamo che molti atteggiamenti che ci irritano sono solo illusioni mentali sono idee errate, qualche cosa che non corrisponde ai nostri pensieri. Ma come spezzare questi schemi mentali? E poi se l’aikido è un’arte marziale, perchè definirla interna? Come diceva Ueshiba “l’aikido è un’arte marziale spirituale, considera le cose ad un livello più alto.” Detta così sembra un’ arte che possono praticare solo i mistici, ma non è vero. Anzi, è proprio il contrario. Come abbiamo già visto prima, molti considerano la mente più del corpo, perdendo contatto con esso; altri il corpo più dello spirito. L’aikido ci costringere a riprendere coscienza di tutti e tre. Ecco perchè viene definita arte interna; prima di tutto ci costringe a vederci per ciò che siamo, a riconoscere i nostri pregi ed nostri difetti. Già da qui si inizia rompere qualche scema mentale. L’uomo da sempre tende alla perfezione, la ricerca in ogni cosa, ma prima di tutto si deve ricercarla dentro di noi. Per praticare realmente quest’arte è d’obbligo sentire il nostro corpo in ogni suo attimo, Essere consapevoli di ogni movimento volontario o involontario, dal salire le scale agli allenamenti nel dojo, dal battito cardiaco alla respirazione. La mente ci insegna non lasciarci sopraffare dagli eventi ed infine a riuscire ad unificare il corpo – mente attraverso uno studio ed una pratica costanti. Prendendo progressivamente coscienza del proprio corpo, si impara anche a vedersi non solo attraverso il riflesso dello specchio, ma ad avere una visione dei movimenti come se si fosse al di fuori del corpo. Per esempio: stiamo provando una forma base di shihonage. Ci rendiamo subito conto che la tecnica ci riesce meglio dalla parte sinistra. A questo punto, se siamo realmente coscienti del nostro corpo, siamo in grado di percepire quali sono i movimenti che compiamo dalla parte sinistra come vedendoci da fuori, capire dove sbagliamo dalla parte destra. Così comprendiamo se stiamo creando poco squilibrio, se, passando sotto il braccio, teniamo le mani troppo in alto creando un’opportunità per l’uke di contrattaccare, e così via. Impariamo anche a capire i nostri difetti posturali, ad es. se siamo gobbi, se abbiamo il peso del centrato. Scoprendo quali sono i nostri difetti nella postura possiamo anche correggerli, riusciamo a capire se è mancanza di tonicità muscolare, o, al contrario se i muscoli devono essere sciolti. E in questa occasione troviamo un aiuto nello yoga. Ueshiba stesso aveva evidenziato come le due discipline fossero simili e complementari. Quando acquistiamo una discreta conoscenza del nostro corpo, diventiamo anche consapevoli del fatto che dentro di noi scorre una potente energia: in Giappone la chiamano ki, in Cina chi, in occidente magnetismo Proprio questa energia è la base dell’aikido, ma prima di imparare a dominarla, dobbiamo capire dove risiede, è un punto preciso del nostro corpo, circa tre cm.sotto l’ombelico e tre dita in profondità: il Seika Tanden. E’ il nostro centro, il punto di raccolta del ki e da dove si propaga nel corpo. L aikido ci consente di imparare a percepire questo centro tramite esercitazioni di respirazione e concentrazione. Un modo per sentire il punto, è come lo chiamano gli aikidoka, è sedersi in zazen, calmare il respiro fino a renderlo il più profondo possibile, si calma la mente, e inizia la concentrazione al di sotto dell’ombelico. Le prime volte non sentiremo nulla, ma continuando a provare e a concentrarsi, inizieremo a percepire una specie di tensione calda proprio in quel punto: bisognerebbe esercitarsi anche nella vita quotidiana. E’ dal Tanden che iniziano i movimenti dell’aikido, ma il ki per definizione non è fermo e scorre in tutto il corpo. Saper indirizzare il ki dove, come e quando vogliamo, è un’altra caratteristica che rende l’aikido un’arte interna. L’energia però non scorre dove ci sono blocchi, dove i muscoli sono rigidi e la mente va in paranoia. Ecco perchè dobbiamo imparare a rilassare il corpo. Quando si parla di corpo rilassato, pensiamo subito ad un corpo inerte, a qualche cosa di debole che può essere attaccato senza possibilità di reagire. Niente di più errato, la libertà e la bellezza dell’aikido risiedono proprio nel fatto che non bisogna necessariamente essere forti per difendersi, è colui che attacca ad essere debole. Per esempio, se il corpo è rilassato e l’aggressore ci afferra ad una spalla, se non ci opponiamo ,non gli daremo nessun appoggio e perdere l’equilibrio; in seconda istanza ci potremo muovere secondo i suoi movimenti; ma come possiamo imparare a rilassare i muscoli e sciogliere i blocchi? Ora che siamo nuovamente coscienti del nostro corpo, possiamo riconoscere quali sono i nostri muscoli rilassati e quali contratti. In questa circostanza ci viene nuovamente in aiuto lo yoga, perchè non solo ci permette di sciogliere e tonificare il corpo attraverso le asana, ma è un ottimo aiuto per imparare ad indirizzare il ki mediante la respirazione. Gli esercizi di yoga, aldilà della forma, hanno stretta correlazione con quelli in uso nella pratica dell’aikido. Anche O’Sensei era convinto che lo yoga e l’aikido avessero gli stessi fondamenti, alcuni dei grandi maestri da Thoei a Yamaguchi,a Tada, ed il nostro sensei, hanno profuso molta energia per spiegare questa relazione tramite pratici esercizi. Yama ,”etica” in speciale modo ahisma (non violenza). Nelle parole di Ueshiba : <<coloro che cercano lo spirito di antagonismo commettono un grave errore, percuotere, ferire o distruggere sono i peggiori peccati che l’uomo possa commettere>> Niyama “disciplina”, nell’aikido è indicata con il termine tanren (tempra): lo scopo dell’addestramento è di vincere la pigrizia, irrobustire il corpo e purificare lo spirito. Asana “postura aggraziata”. A volte è utile per gli aikidoka considerare i movimenti della disciplina non come tecniche di un’arte marziale letale, ma come asana, posture fisiche che collegano chi le assume ad alte verità. Come le asana, le tecniche dell’aikido all’inizio sono difficili e dolorose, ma alla fine esse diventano più facili, salde, vantaggiose. Infatti nello yoga si enuncia l’asana è perfetta quando scompare il dolore e lo sforzo per conseguirla, e che chi domina l’asana conquista i 3 mondi. Ueshiba insegnava operando armoniosamente insieme, destra e sinistra danno origine a tutte le tecniche, le quattro membra del corpo sono i quattro pilastri del cielo. Pranayama “controllo del respiro”, è necessario per partecipare al respiro dell’universo:inspira e lasciati volare ai confini dell’universo, espira e riporta dentro il corpo. Poi respira la fecondità della terra, diventando il respiro stesso della vita è Pratyahra, significa libertà dalla confusione, un sottrarre alla distrazione dei sensi, un animo risoluto ed imperscrutabile. A questo riguardo O Sensei insegnava: non fissare negli occhi il tuo avversario, egli può ipnotizzarti, non puntare lo sguardo sulla spada: egli può spaventarti, non guardarlo affatto:egli può assorbire la tua energia. Dharana !concentrare la mente!, è anche conosciuto come ekagrata “mantenere l’unico punto”, concetto ben noto agli aikidoka: “se sei concentrato puoi muoverti liberamente, il centro fisso è il tuo addome ; se anche la tua mente è posizionata lì, il tuo sforzo sarà vittorioso. Dhyana !meditazione”, è una condizione di penetrante intuizione e di visione chiara:”rimuovi i pensieri limitati e torna alla vacuità .Rimani nel centro del grande vuoto Samahdi “totale assorbimento” va ancora oltre. Nel samahdi, la distinzione tra conoscente e conosciuto si dissolve in una trasfigurazione che Morihei esponeva con “io sono l’universo”. I poteri soprannaturali di O’Sensei avevano origine dal suo completo assorbimento nell’aiki-samhadi, e similmente il suo eccentrico comportamento era caratteristico dei più elevati livelli dello yoga una sorta di follia divina che trascende va il tempo e lo spazio, se voi non vi fondete con la vacuità del puro vuoto, non troverete il sentiero dell’aiki. A questo punto i tre elementi che costituiscono l’Uomo sono strati riunificati. Il corpo è riscoperto attraverso costanti allenamenti e disciplina (niyama); la mente è controllata e liberata grazie alla meditazione attraverso il (pranayama) e al centrare la mente nel tanden ogni qualvolta sorga una situazione di stress, lo spirito viene pacificato ed elevato attraverso, la meditazione (dhyana). L’unica differenza tra lo yoga e l’aikido è che il primo ricerca la perfezione attraverso la staticità, l’altro tramite il dinamismo. L’ultima caratteristica che rende l’aikido un’arte interna e il fatto che i nostri movimenti sono semplici, gli spostamenti minimi, il giusto necessario; diceva O Sensei: “bisogna andare al cuore delle cose”. Per noi non ci saranno più scontri con avversari, perchè saremo aldilà dell’antagonismo; fermeremo il combattimento ancor prima che nasca. Il nostro aikido diventerà minimo e semplice: Irimi-atemi.

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